La progettazione è stata per me un incontro piuttosto casuale, all’inizio della mia esperienza lavorativa come psicologa presso una cooperativa sociale che si occupa di servizi educativi e psicosociali per bambini, adolescenti, persone con disabilità e famiglie. Ci è voluto del tempo e della formazione, prima di capire cosa fosse un progetto in ambito sociale in Italia e all’estero. E per capire come poterlo disegnare, partendo da un’idea fino ad arrivare alla gestione e valutazione. Sono percorsi di approfondimento in costante divenire, soprattutto ora che una parte consistente della mia attività professionale riguarda proprio questo ambito (se volete saperne di più sul mio lavoro di progettista potete visitare la pagina con le proposte di progetti sociali e per la cooperazione).
Alcuni dei progetti ai quali ho collaborato mi hanno fatto vivere esperienze davvero profonde, sia dal punto di vista umano che professionale. Per darvi un’idea di come possono nascere queste esperienze, qui vi racconto per immagini un piccolo progetto espressivo che abbiamo realizzato nel 2012 in Kosovo, nella città di Gjakova.
L’idea è nata da Vjollca, una mia ex collega kosovara, presidente dell’Associazione VITA, che si occupa di salute, sport e promozione di diritti e pari opportunità. Data l’apertura di una linea di finanziamento europeo per attività culturali in Kosovo, mi ha chiesto di collaborare per realizzare un progetto di arte ed espressività per i bambini e le scuole della sua città, Gjakova.
Così è nata "Art for All - Festival i Artit", un'iniziativa durata una settimana che ha previsto laboratori espressivi per bambini in sette scuole e una giornata di arte in strada per i bambini e le loro famiglie.
La progettazione dell’iniziativa per immagini
Nella fase di progettazione abbiamo pensato di concentrarci su due tipologie di laboratori per bambini: i laboratori di arte e i laboratori di movimento e gioco, per dare la possibilità di provare diverse esperienze espressive.
E poiché le attività realizzate in collaborazione vengono meglio, ho coinvolto nell’iniziativa Maria Anna e Stefania, due colleghe psicoterapeute espressive. Ciascuna ha la sua modalità preferita di lavoro e la diversità è ricchezza. Abbiamo potuto unire le nostre competenze per rendere più interessanti i percorsi, insieme a Vjollca che ha curato la parte organizzativa e logistica e a Nila e Sasa, le assistenti ed interpreti, che ci hanno aiutato a comunicare.
Al progetto hanno aderito le classi di sette scuole e una classe speciale per studenti con disabilità. La partecipazione delle scuole all’iniziativa è stata davvero sorprendente e abbiamo lavorato sia con gruppi molto grandi che con gruppi più piccoli.
Per noi formatrici italiane è stata una scoperta: condurre un laboratorio in un contesto culturale nuovo, con una lingua fino ad allora sconosciuta e con differenti modalità di lavoro è stato coinvolgente, faticoso e divertente, tutto insieme.
Quello che mi ha colpito più di ogni altra cosa è stata la consapevolezza di come sia facile entrare in relazione con le persone e le situazioni, se da entrambe le parti c'è il desiderio di comunicare e conoscersi.
Durante l’esperienza ho capito meglio il significato di alcune parole:
osservare, fidarsi, esplorare, dialogare, divertirsi, condividere.
Tradurre un progetto dalla carta all’esperienza concreta richiede uno sforzo di adattamento rispetto alle aspettative iniziali. Qualcosa rimane sempre in sospeso nei progetti e questo è interessante: la progettazione ci chiede di lavorare in un’ottica di sostenibilità, cioè immaginando come possiamo far vivere i risultati nel futuro, indipendentemente dalla nostra presenza, anche quando le attività si svolgono in un periodo di tempo brevissimo. In questo caso, per assicurare una continuazione delle attività ci sarebbe piaciuto coinvolgere di più gli insegnanti in un percorso formativo sulle attività espressive, ma non è stato possibile, anche per la durata veramente ridotta dell’evento. La formazione di chi resta sul campo è comunque sempre una buona base di partenza per la sostenibilità di un’azione nel tempo.
Questo è un esempio di piccolo progetto, realizzato con un budget ridotto (poco più di 3000 euro), ma che ha consentito di mettere in movimento moltissime energie: le scuole coinvolte accolgono circa 300 studenti, di cui una buona parte ha partecipato alle attività, inclusa la classe speciale di studenti con disabilità, che normalmente non svolge laboratori di questo tipo insieme agli altri. L’organizzazione in loco è stata in questo senso fondamentale: grazie alla rete di persone che sono state direttamente contattate e coinvolte è stato possibile riscuotere un maggiore interesse da parte delle scuole e realizzare in modo fluido quasi tutte le attività previste.
In conclusione, che dire? Io non vedo l’ora di tornare a fare un’esperienza del genere e avevo proprio voglia di raccontarla!
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