Cosa intendo con trauma collettivo? Questo termine è usato nei disastri umanitari e naturali: descrive la reazione psicologica a un evento catastrofico, che ha un impatto su un’intera società o popolazione. Un trauma emotivo può generare una crisi. Tuttavia, nella condizione critica possiamo cogliere anche opportunità, per mettere in circolo pensieri nuovi, recuperare le energie per costruire opportunità di ripresa e cambiamento.
Trauma collettivo come esperienza condivisa
Il trauma collettivo implica la condivisione dell’esperienza all’interno della comunità, o di un gruppo di persone. Significa, anche, la creazione di memorie collettive che permangono tra i testimoni all’evento e le persone sopravvissute. Le memorie sono trasmesse, inoltre, alle giovani generazioni (bambine e bambini, adolescenti) che raccolgono l’eredità della narrazione emotiva e, anche, gli effetti diretti del trauma.
Le emozioni individuali nel trauma collettivo
Durante un evento traumatico si è nelle condizioni di percepire la propria vulnerabilità, in relazione alla vulnerabilità degli altri e alla fragilità della struttura sociale, come sistema che ‘tiene’. Si vivono, nel corpo e nella mente, una serie di emozioni intense e complesse. Emozioni, anche, difficili: paura, angoscia, rabbia, perdita di controllo, tristezza, lutto, senso di minaccia, sfiducia, incertezza rispetto al sistema di credenze, alla capacità personale e sociale che, magari fino al giorno prima, sembravano essere assodate e funzionare abbastanza bene. Si modifica, in genere, anche la percezione del contesto esterno, delle relazioni, il senso di sé e dei propri confini.
Il trauma collettivo, tra vulnerabilità e combattività
Ciascuna persona può viverlo in modo differente, ma questo cambiamento di punto di orizzonte emotivo è naturale, è umano. Ed è connesso alla sofferenza e al senso di perdita, ma non ci dobbiamo sentire in errore per questo: essere vulnerabili non ci rende meno validi come esseri umani, anzi. Infatti, questa intensa attivazione emotiva ha le sue radici nella nostra, umana, volontà di sopravvivere. Nella nostra combattività, positiva. Le reazioni che possiamo sentire sono direttamente collegate all’attivazione di impulsi primari, nei quali riorganizziamo la nostra visione per proteggerci, per attraversare un periodo di cambiamento e uscirne, possibilmente, indenni. Ognuna, ognuno, reagisce a modo suo. Eppure reagiamo anche insieme, come comunità.
La connessione sociale come dimensione critica
La natura di un evento traumatico influenza le possibili risposte di auto-aiuto che la comunità sociale è in grado di esprimere. Ad esempio, nella situazione di emergenza sanitaria attuale le restrizioni ci costringono a una drastica modificazione di abitudini. Tale cambiamento ha (e avrà) un impatto, ancora non misurabile, sul senso di comunità, individuale e condiviso. Il rischio è quello che, nella percezione quotidiana, gli altri si trasformino da potenziali amici in nemici, in elementi di possibile rischio per la salute, con l’espressione di fenomeni di stigma sociale, marginalizzazione, condizioni di non equità. Nel trauma collettivo, quindi, è sempre presente il tema della (dis)connessione interpersonale e sociale, come dimensione di difficoltà.
Il supporto sociale come fattore protettivo
Ma il senso di comunità, la coesione sociale, la solidarietà sono anche, sempre, dimensioni vitali positive. Sono semi da coltivare, fattori protettivi del benessere e del recupero di salute: fisica, mentale e sociale. Insieme, cittadine e cittadini possono sintonizzarsi. Possono attivare la creatività: immaginare e creare, nel tempo, opportunità positive, per la ricostruzione efficace della struttura di comunità, anche trasformando ciò che non funzionava o creando una maggiore giustizia sociale. Nelle situazioni di eventi traumatici collettivi e disastri (naturali o legati all’attività umana) il supporto reciproco e solidale, attivato spontaneamente e supportato da percorsi di facilitazione e sostegno, si è sempre dimostrato una risorsa fondamentale, per assicurare la resilienza delle comunità.
Cinque azioni che puoi fare anche tu
Eden Project, rete inglese per il Supporto su Base Comunitaria ha creato una infografica con 5 azioni semplici, ma di impatto, che possiamo mettere in campo, per fare la differenza, per facilitare il supporto reciproco all’interno della comunità durante l’emergenza da Coronavirus:
- 1. Pensa agli altri, fai attenzione alle tue azioni, sii gentile: in ogni comunità le persone fronteggiano le difficoltà dell’epidemia da COVID-19 e ognunx ha i suoi bisogni e necessità.
- 2. Crea connessioni e resta in contatto con vicini e vicine, per il benessere fisico e mentale.
- 3. Tira fuori il meglio dai gruppi online.
- 4. Aiuta le persone vulnerabili o isolate.
- 5. Condividi solo informazioni ufficiali e pratiche corrette e verificate.
Risorse utili
Qui trovi alcune risorse che trovo interessanti su questo argomento. Le puoi utilizzare per approfondimenti, in particolare se sei una | un professionista della relazione di aiuto. Spero che possano piacere anche a te. Se vuoi darmi un feedback, puoi compilare il modulo di contatto che trovi in fondo a questa pagina.
- Video del cortometraggio “Bloom”
- L’articolo La comunità nei disastri: una prospettiva psicosociale, di Maria Teresa Fenoglio, Associazione Psicologi per i Popoli.
- Il libro (in inglese): Collective Trauma, Collective Healing: Promoting Community Resilience in the Aftermath of Disaster, di Jack Saul.
- La Guida (in inglese) Adverse Community Experiences and Resilience.
- La Guida (in inglese) Psychological First Aid Field Operations Guide.
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